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CONVERSAZIONI
FRA ESPERTI Il genogramma approda in Comunità |
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Un utilizzo inconsueto del genogramma
, riguarda un lavoro di gruppo che si è svolto nel settembre 2003 presso
una comunità per il recupero di tossicodipendenti, che ha la particolarità
di essere riservata a coppie con o senza figli. Il monte ore a disposizione
dello psicologo consulente era sufficiente per poter proporre un’iniziativa
che esulasse dagli ordinari colloqui individuali e di coppia con gli
utenti, e che coinvolgesse un gruppo di persone al termine del programma
comunitario; lo psicologo stesso il dott. Massimo Giuliani ed io, Laura
Vernaschi, in qualità di tirocinante al secondo anno del Centro
Milanese di Terapia della famiglia, eravamo allettati dall’idea di offrire
qualcosa che fosse una novità sia per noi che per il gruppo di partecipanti.
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II contesto Tale esperienza si è svolta in modo abbastanza autonomo rispetto all’ordinaria
vita della comunità; in particolare, lo staff degli operatori era caratterizzato
da una situazione di instabilità e da un carico di lavoro faticoso da
sostenere, condizione che da tempo aveva portato ad un coinvolgimento
solo superficiale nei confronti dell’attività dello psicologo, con conseguente
interruzione della circolarità nella comunicazione con gli operatori
e fenomeni di “boicottaggio” altrimenti inspiegabili. Il gruppo di Esperti Sono state individuate 4 coppie di “esperti”, tutte con figli, che
sono state informate di questa iniziativa attraverso un colloquio di
coppia preliminare, è stata poi lasciata loro la libertà di scegliere
se partecipare o meno. L’adesione è stata unanime.
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Come
Dove Quando Quelle che ho definito “conversazioni
fra esperti” si sono svolte per quattro volte, per la durata di due
ore ciascuna all’interno della comunità, a cadenza settimanale, cercando
di inserirsi tra le scadenze della struttura, la disponibilità degli
operatori a prendersi cura dei figli dei partecipanti, gli appuntamenti
sanitari e di lavoro. Si è ritenuto che un’ora da dedicare ad ogni coppia
fosse un tempo sufficiente. Cosa è successo Le coppie partecipanti potevano inoltre scegliere se conservare o meno
il materiale prodotto e se mostrarlo successivamente agli altri ospiti
od operatori.
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I
Simboli
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Nello specifico, la scelta di utilizzare la forma grafica
quale canale comunicativo all’interno di una comunità e con un determinato
gruppo di persone, è stata vissuta come una novità che andava ad interrompere
la routine quotidiana e, in quanto tale, conteneva di per sé un certo
potenziale stimolante, oltre che rappresentare una modalità espressiva
molto più immediata della parola intesa anche come “veicolo di emozioni”
per persone che di frequente, da questo punto di vista, faticano ad
esprimersi verbalmente. In questo senso, le relazioni familiari, che
sono state un importante oggetto di riflessione nel percorso terapeutico,
sono state descritte attraverso una simbologia significativa oltre che
fantasiosa.
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Le
Domande.
La tecnica utilizzata dai
terapeuti nella formulazione delle domande è stata in sintonia con il
modello sistemico relazionale: fra le altre, domande sul futuro
e domande riferite alla rappresentazione del nuovo nucleo familiare
dei vari congiunti presentificando gli assenti; l’intento è stato quello
di risvegliare collegamenti e connessioni attraverso l’individuazione
di somiglianze e differenze fra i genogrammi dei due membri della coppia
rappresentati affiancati e all’interno di uno stesso genogramma, per
poi scostarsi dal disegno in sé, ed attivare un processo di riflessione
sulle differenti concezioni di famiglia, di come vorrebbero che fosse
la propria una volta usciti e come vorrebbero riscrivere il finale della
loro storia anche confrontandolo con le storie relazionali di altre
coppie conosciute. Il Gruppo I partecipanti si conoscevano da almeno un anno, erano pertanto un gruppo di persone piuttosto affiatato, con legami di amicizia, che ha condiviso non solo il percorso terapeutico e le vicissitudini della comunità, ma anche esperienze emotive intense come crisi di coppia o la gravidanza e la nascita di un figlio. Inoltre, al momento delle “conversazioni” erano ulteriormente accomunati dall’impegno, chi più chi meno, verso la pianificazione della vita al di fuori della comunità. Condividere anche questo tipo di esperienza ha quindi, da un lato, fatto loro sperimentare una nuova modalità di stare in gruppo e di affrontare, insieme, temi familiari comuni, ma, dall’altro, utilizzare la conoscenza reciproca e l’intimità della relazione come risorsa per suggerire riflessioni, critiche costruttive e nuove risoluzioni.
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La rappresentazione, su di un solo grande foglio, del genogramma della
stessa famiglia, ma realizzata da due persone diverse, i due membri della
medesima coppia, ha offerto notevoli spunti di connessione. Innanzitutto
ciascuna delle due parti ha avuto modo di osservare come l’altro/a concepiva
e viveva i vari soggetti della famiglia; presenze, assenze, nomi o titoli
parentali, vicinanze e lontananze, collegamenti ecc. hanno alimentato
discussioni e confronti all’interno della coppia relativi, ad esempio,
al coinvolgimento o meno delle famiglie di origine e, soprattutto, del
vissuto di genitori. Alcuni sono rimasti sorpresi nel vedere il modo in
cui l’uno considerava i membri della famiglia dell’altro che, in qualche
caso, sono inaspettatamente diventati nel tempo figure di riferimento
se non genitori adottivi... Un ulteriore aspetto che toccato, è stato
riflettere sul ruolo genitoriale, cercando somiglianze con altre figure
presenti nel genogramma e sollecitando ipotesi e desideri futuri (es.
di chi vorresti che tuo figlio avesse le qualità? A chi vorresti che assomigliasse?)
L’affiatamento del gruppo ha alimentato discussioni vivaci a partire da un buon grado di curiosità. In particolare, la coppia stessa si è aperta nei confronti degli “osservatori” dimostrando di accettare commenti che andavano di volta in volta a sottolineare le somiglianze e le differenze nel disegno, oppure come l’aspetto grafico rispecchiasse il carattere dell’autore ma, soprattutto, il gruppo proponeva domande che chiedevano spiegazioni riguardo, ad esempio, all’uso di un determinato simbolo, dando il via a diverse ed originali letture; una colonna di nomi, allora, poteva essere vista come rappresentazione di una gerarchia, di una graduatoria in base all’anzianità o la raffigurazione di come qualcuno poteva essere un solido sostegno per qualcun’altro...
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Riflessioni Conclusive Le potenzialità e, ovviamente, anche i limiti che si sono evidenziati
nel corso dell’esperienza, sono da ricondurre non tanto allo strumento
in sé, quanto all’uso che ne è stato fatto; in questo senso, l’utilizzo
del genogramma così come è stato qui presentato, ha rappresentato un
progetto sperimentale nato sull’onda della richiesta, da parte della
comunità, di usufruire in modo proficuo delle ore a disposizione dello
psicologo consulente in modo nuovo ed utile per i partecipanti. La co–conduzione, tuttavia, si è dimostrata una risorsa quando la metacomunicazione
sulla divergenza di opinione dei terapeuti è divenuta il pretesto per
esplicitare le diverse posizioni anche da parte del gruppo; in quest’ottica,
il fatto stesso che i terapeuti fossero di sesso diverso, è stato un
ulteriore elemento che ha dato luogo ad ipotesi correlate al gender
dato che, non solo uomini e donne spesso reagiscono in modo differente
ad uno stesso stimolo, ma, a volte, l’ipotesi proposta dalla terapeuta
donna poteva andare ad alimentare schieramenti nel gruppo e viceversa. Infine, il fatto che il gruppo si conoscesse e fosse molto affiatato, è stato, a mio avviso, sia una risorsa che un limite: è una risorsa, in quanto ha favorito la disinvoltura nell’espressione della propria opinione e l’apertura nell’accettazione di commenti non sempre positivi, ma anche un limite nel momento in cui le osservazioni erano motivate da una conoscenza personale che sbilanciava i partecipanti verso la ricerca di consenso e conferma, più che verso una differenziazione dei punti di vista.
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